venerdì 19 giugno 2015

Intervento all'Assemblea pre-congressuale Regionale del PCdI - Il fenomeno del caporalato agricolo in Puglia e le sue schiave

Un altro grave problema che interessa la nostra regione è il fenomeno del caporalato femminile nell’agricoltura. Fenomeno nato decenni addietro nel nostro Mezzogiorno, dove vi erano i grandi latifondisti, e combattuto all’epoca con numerose battaglie sociali e affrontato dalla stessa CGIL e quindi da Di Vittorio, che con il passare del tempo sembrava fosse scomparso anche per via della trasformazione del latifondo grazie alle riforme agrarie degli anni 60 del secolo scorso; invece si scopre che esso non solo non è scomparso, ma si è enormemente sviluppato in modo silente e non manifesto adattandosi e raggirando la normativa che di volta in volta veniva realizzata.
Infatti, molti di noi di questo fenomeno ne sono a conoscenza in quanto lo vedono o lo vivono personalmente nei propri comuni o nelle proprie famiglie, nelle altre parti d’Italia invece, se n’è avuta conoscenza solo attraverso specifici fatti di cronaca, come ad esempio, ricorderete tutti, la protesta dei braccianti extra-comunitari di Rosarno e Nardò tra il 2010 e il 2011. Ultimamente qualche notizia riappare su testate giornalistiche e sul web mentre la testimonianza diretta si è avuta attraverso varie denunce di programmi televisivi nazionali.
Si pensi che solo in Puglia il caporalato agricolo sfrutta 40 mila donne italiane e 18 mila straniere. Le italiane partono dai vari comuni pugliesi alle tre e mezza della mattina, facendo rientro alle loro case non prima delle diciotto, per raggiungere i campi di lavoro in Puglia, in Basilicata e in Calabria percorrendo centinaia di chilometri a bordo di furgoni telonati e pullman Gran Turismo. Le straniere invece effettuano le stesse ore di lavoro vivendo nei capannoni, che i caporali allestiscono come dormitori e persino molto spesso anche in stalle assieme agli animali. Generalmente il lavoro che svolgono le braccianti riguarda la raccolta di ciliegie, di fragole, di uva, di pesche e di agrumi in campi aperti e nelle serre per almeno 10-12 ore al giorno, oppure si arrivano a raggiungere le 15 ore se si lavora nei magazzini per il confezionamento dei prodotti. L’intero sistema è organizzato in maniera formalmente legale e lecita tanto che i caporali molto spesso sono anche proprietari dei pullman Gran Turismo e risultano essere agenti di viaggio, ma in realtà organizzano l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.
Purtroppo la necessità economica e la disperazione che vivono le famiglie pugliesi induce queste lavoratrici ad accettare condizioni disumane, come ricatti di vario genere e persino ricatti sessuali, e ad accettare il sistema senza alcuna protesta e denuncia perché, lo si deve ribadire, hanno il terrore di essere punite in diverse maniere. Tanto avviene anche perché le lavoratrici non trovano alcun sostegno o punto di riferimento sindacale e politico che possa rappresentare le loro istanze di lavoratrici sfruttate. Difatti, nonostante nel 2011, in seguito alle rivolte spontanee di Nardò e Rosarno, sia stato emanato il D.L. n. 138, art 12 che prevede il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro sino ad oggi sono state prodotte solo 15 denunce e nessuna altra forma di protesta. Ciò non fa altro che testimoniare quanto il sistema di tutela e di rappresentanza sia assente o qualora sia presente è miseramente inadeguato e inefficace.
Inoltre, anche il sistema di pagamento del salario è stato organizzato in maniera simulata e fraudolenta. Infatti, formalmente le lavoratrici ricevono un assegno mensile che prevede una paga giornaliera di circa € 50 e che devono incassare e restituirne una parte in nero ai caporali; quest'ultima corrispondente a circa il 40% di quanto incassato; dunque, la retribuzione reale del salario è di circa € 28 al giorno ovvero di circa € 2,50 orari. Anche per quanto riguarda la contribuzione pensionistica e assicurativa tutto è irregolare.
Con questo sistema però il proprietario dell’azienda agricola appare operare nella legalità affinché usufruisca dei finanziamenti statali nonostante i dati FLAI CGIL e ISTAT attestino che solo in Puglia il lavoro sommerso agricolo è del 43% e l’evasione contributiva ammonta mediamente a € 420 milioni l’anno.
Il fenomeno è ormai in diversi casi organizzato da associazioni mafiose o similari presenti sul territorio pugliese tanto che il caporalato è ormai notoriamente sinonimo di agromafia, la quale incassa dallo sfruttamento delle braccianti € 2,5 miliardi all’anno (dati rilevati ISTAT ).
Sino ad oggi in realtà il fenomeno non è stato né contrastato e né combattuto in alcun modo da parte delle istituzioni e testimonianza ne è la crescita esponenziale in questi ultimi anni, soprattutto per la manodopera femminile che in gran parte ha sostituito quella maschile in quanto le donne sono più remissive, facilmente ricattabili e sottopagate.
Va detto che il fenomeno, tipicamente italiano, è noto anche nel nord dell’Europa dove Norvegia e Danimarca, in occasione della partecipazione all’EXPO’, hanno scritto al Premier Renzi di intervenire per combattere il fenomeno del caporalato minacciando, in caso contrario, il boicottaggio dei prodotti agricoli italiani. L'azione dei due Paesi del Nord Europa è stata una plateale azione di sostegno, di difesa e di pronto intervento contro lo sfruttamento dei braccianti italiani e stranieri, ma il Premier ha sino ad oggi ignorato l’appello consentendo addirittura la partecipazione alla manifestazione milanese di numerose aziende agricole che per la maggior parte legalizzano quotidianamente lo sfruttamento e la schiavizzazione delle braccianti pugliesi.
Assistiamo quotidianamente al fallimento del rispetto e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, viviamo quotidianamente l'insolvenza della politica, favoriamo quotidianamente l'oltraggio della potestà popolare e dunque della democrazia, conserviamo ai soli anniversari il ricordo di chi ha combattuto per la nostra libertà, libertà che noi tutti violentiamo ogni giorno.
Pertanto ci si attivi con solerte intervento e si dia consistenza alla coerenza e alla condotta pratica che ci ha sempre contraddistinto come comunisti, come comunisti al servizio e alla difesa dei lavoratori!!!!
Quindi, poiché è stato detto che dobbiamo redigere di contenuti politici il nostro simbolo e proporre la risoluzione dei numerosissimi problemi socio-economici presenti nel territorio allora si propone sia al partito regionale sia a quello nazionale di mettere in primo piano la battaglia contro tale fenomeno per contrastarlo in nome di una reale difesa delle braccianti pugliesi e straniere per liberarle dal giogo della schiavitù al quale sono ancora sottoposte.
Chiediamo che il Partito Comunista d'Italia intraprenda un'azione politica presente e costante, ferma e massiccia per contrastare attivamente e realmente il fenomeno del caporalato agricolo che è ancora un fenomeno incivile, inumano e anticostituzionale.
Inoltre, non deve essere trascurato il percorso storico del processo di rivendicazione dei diritti dei lavoratori che sono stati conquistati con dure lotte, ma che attualmente in questa condizione di sottosviluppo lavorativo e umano non possiamo non considerarlo come una questione di ritorno al passato che fa parte della storia.


Ilaria Saracino