Un
altro grave problema che interessa la nostra regione è il fenomeno
del caporalato femminile nell’agricoltura. Fenomeno nato decenni
addietro nel nostro Mezzogiorno, dove vi erano i grandi latifondisti,
e combattuto all’epoca con numerose battaglie sociali e affrontato
dalla stessa CGIL e quindi da Di Vittorio, che con il passare del
tempo sembrava fosse scomparso anche per via della trasformazione del
latifondo grazie alle riforme agrarie degli anni 60 del secolo
scorso; invece si scopre che esso non solo non è scomparso, ma si è
enormemente sviluppato in modo silente e non manifesto adattandosi e
raggirando la normativa che di volta in volta veniva realizzata.
Infatti,
molti di noi di questo fenomeno ne sono a conoscenza in quanto lo
vedono o lo vivono personalmente nei propri comuni o nelle proprie
famiglie, nelle altre parti d’Italia invece, se n’è avuta
conoscenza solo attraverso specifici fatti di cronaca, come ad
esempio, ricorderete tutti, la protesta dei braccianti
extra-comunitari di Rosarno e Nardò tra il 2010 e il 2011.
Ultimamente qualche notizia riappare su testate giornalistiche e sul
web mentre la testimonianza diretta si è avuta attraverso varie
denunce di programmi televisivi nazionali.
Si
pensi che solo in Puglia il caporalato agricolo sfrutta 40 mila donne
italiane e 18 mila straniere. Le italiane partono dai vari comuni
pugliesi alle tre e mezza della mattina, facendo rientro alle loro
case non prima delle diciotto, per raggiungere i campi di lavoro in
Puglia, in Basilicata e in Calabria percorrendo centinaia di
chilometri a bordo di furgoni telonati e pullman Gran Turismo. Le
straniere invece effettuano le stesse ore di lavoro vivendo nei
capannoni, che i caporali allestiscono come dormitori e persino molto
spesso anche in stalle assieme agli animali. Generalmente il lavoro
che svolgono le braccianti riguarda la raccolta di ciliegie, di
fragole, di uva, di pesche e di agrumi in campi aperti e nelle serre
per almeno 10-12 ore al giorno, oppure si arrivano a raggiungere le
15 ore se si lavora nei magazzini per il confezionamento dei
prodotti. L’intero sistema è organizzato in maniera formalmente
legale e lecita tanto che i caporali molto spesso sono anche
proprietari dei pullman Gran Turismo e risultano essere agenti di
viaggio, ma in realtà organizzano l’intermediazione illecita e lo
sfruttamento del lavoro.
Purtroppo
la necessità economica e la disperazione che vivono le famiglie
pugliesi induce queste lavoratrici ad accettare condizioni disumane,
come ricatti di vario genere e persino ricatti sessuali, e ad
accettare il sistema senza alcuna protesta e denuncia perché, lo si
deve ribadire, hanno il terrore di essere punite in diverse maniere.
Tanto avviene anche perché le lavoratrici non trovano alcun sostegno
o punto di riferimento sindacale e politico che possa rappresentare
le loro istanze di lavoratrici sfruttate. Difatti, nonostante nel
2011, in seguito alle rivolte spontanee di Nardò e Rosarno, sia
stato emanato il D.L. n. 138, art 12 che prevede il reato di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro sino ad oggi sono
state prodotte solo 15 denunce e nessuna altra forma di protesta. Ciò
non fa altro che testimoniare quanto il sistema di tutela e di
rappresentanza sia assente o qualora sia presente è miseramente
inadeguato e inefficace.
Inoltre,
anche il sistema di pagamento del salario è stato organizzato in
maniera simulata e fraudolenta. Infatti, formalmente le lavoratrici
ricevono un assegno mensile che prevede una paga giornaliera di circa
€ 50 e che devono incassare e restituirne una parte in nero ai
caporali; quest'ultima corrispondente a circa il 40% di quanto
incassato; dunque, la retribuzione reale del salario è di circa €
28 al giorno ovvero di circa € 2,50 orari. Anche per quanto
riguarda la contribuzione pensionistica e assicurativa tutto è
irregolare.
Con
questo sistema però il proprietario dell’azienda agricola appare
operare nella legalità affinché usufruisca dei finanziamenti
statali nonostante i dati FLAI CGIL e ISTAT attestino che solo in
Puglia il lavoro sommerso agricolo è del 43% e l’evasione
contributiva ammonta mediamente a € 420 milioni l’anno.
Il
fenomeno è ormai in diversi casi organizzato da associazioni mafiose
o similari presenti sul territorio pugliese tanto che il caporalato è
ormai notoriamente sinonimo di agromafia, la quale incassa dallo
sfruttamento delle braccianti € 2,5 miliardi all’anno (dati
rilevati ISTAT ).
Sino
ad oggi in realtà il fenomeno non è stato né contrastato e né
combattuto in alcun modo da parte delle istituzioni e testimonianza
ne è la crescita esponenziale in questi ultimi anni, soprattutto per
la manodopera femminile che in gran parte ha sostituito quella
maschile in quanto le donne sono più remissive, facilmente
ricattabili e sottopagate.
Va
detto che il fenomeno, tipicamente italiano, è noto anche nel nord
dell’Europa dove Norvegia e Danimarca, in occasione della
partecipazione all’EXPO’, hanno scritto al Premier Renzi di
intervenire per combattere il fenomeno del caporalato minacciando, in
caso contrario, il boicottaggio dei prodotti agricoli italiani.
L'azione dei due Paesi del Nord Europa è stata una plateale azione
di sostegno, di difesa e di pronto intervento contro lo sfruttamento
dei braccianti italiani e stranieri, ma il Premier ha sino ad oggi
ignorato l’appello consentendo addirittura la partecipazione alla
manifestazione milanese di numerose aziende agricole che per la
maggior parte legalizzano quotidianamente lo sfruttamento e la
schiavizzazione delle braccianti pugliesi.
Assistiamo
quotidianamente al fallimento del rispetto e dei diritti dei
lavoratori e delle lavoratrici, viviamo quotidianamente l'insolvenza
della politica, favoriamo quotidianamente l'oltraggio della potestà
popolare e dunque della democrazia, conserviamo ai soli anniversari
il ricordo di chi ha combattuto per la nostra libertà, libertà che
noi tutti violentiamo ogni giorno.
Pertanto
ci si attivi con solerte intervento e si dia consistenza alla
coerenza e alla condotta pratica che ci ha sempre contraddistinto
come comunisti, come comunisti al servizio e alla difesa dei
lavoratori!!!!
Quindi,
poiché è stato detto che dobbiamo redigere di contenuti politici il
nostro simbolo e proporre la risoluzione dei numerosissimi problemi
socio-economici presenti nel territorio allora si propone sia al
partito regionale sia a quello nazionale di mettere in primo piano la
battaglia contro tale fenomeno per contrastarlo in nome di una reale
difesa delle braccianti pugliesi e straniere per liberarle dal giogo
della schiavitù al quale sono ancora sottoposte.
Chiediamo
che il Partito Comunista d'Italia intraprenda un'azione politica
presente e costante, ferma e massiccia per contrastare attivamente e
realmente il fenomeno del caporalato agricolo che è ancora un
fenomeno incivile, inumano e anticostituzionale.
Inoltre,
non deve essere trascurato il percorso storico del processo di
rivendicazione dei diritti dei lavoratori che sono stati conquistati
con dure lotte, ma che attualmente in questa condizione di
sottosviluppo lavorativo e umano non possiamo non considerarlo come
una questione di ritorno al passato che fa parte della storia.